Tra di voi c’è chi sogna di attrarre visitatori per rivitalizzare il proprio territorio, e chi invece cerca con ogni mezzo di contenerli per non farsi sopraffare. Ma dietro queste due realtà così diverse si nasconde un problema comune: il turismo sbilanciato o, in inglese, “unbalanced tourism”. Se ne è parlato in modo approfondito durante lo Smart Destination Day 2025, organizzato dal Travel Innovation Observatory del Politecnico di Milano il 7 aprile scorso, dove questo concetto è stato messo al centro del dibattito come chiave per leggere le vere criticità – e opportunità – del turismo nei territori italiani. Non si tratta più, insomma, solo di combattere l’overtourism nei luoghi più celebri, ma anche di intervenire laddove i flussi arrivano poco o nulla e dove, spesso, c’è tanto bisogno di economia aggiuntiva ai settori tradizionali in declino. Questa condizione di disequilibrio nel sistema turistico di un territorio significa troppi turisti stretti in pochi luoghi ed in particolari momenti dell’anno, pochi o nessun turista altrove o in altri periodi. Il risultato? Alcuni Comuni si trovano a dover affrontare il sovraccarico dei servizi pubblici, la pressione sugli affitti (con la dicotomia tra residenti ed ospiti sempre più accesa), la perdita di identità culturale; altri invece vedono svanire le occasioni di sviluppo, con borghi che si spopolano e patrimoni che cadono nell’oblio.
Il turismo va interpretato come un fattore di trasformazione urbana, sociale ed ambientale. Per questo, le destinazioni devono assumersi un ruolo da protagonisti nella sua gestione, sviluppando strategie che mettano al centro l’equilibrio tra interessi diversi: residenti, operatori, visitatori, ambiente, cultura. Ogni decisione deve essere “data-driven” ma per questo non basta contare le presenze. Occorre capire molto di più a partire da domande come “chi sei, dove vai (come torni, cito da un caro amico di studi)” approfondendo il quando, il cosa acquista fino a capire che impatto genera.
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In questa ottica, la tecnologia e l’uso intelligente dei dati diventano fondamentali: sensori, app, analisi predittive, dashboard in tempo reale aiutano le amministrazioni a leggere i fenomeni e a prendere decisioni più informate e condivise. Un esempio molto interessante è quello di Milano, dove si è scelto di affrontare la questione non solo sul piano spaziale – distribuendo i turisti verso territori limitrofi come Monza – ma anche temporale. Con il “Yes Milano Pass”, infatti, è stato possibile incentivare visite nei giorni feriali e in orari meno affollati, riducendo la pressione del weekend e migliorando l’esperienza di visita oltre all’incentivare il “bleisure” che trasforma il viaggiatore per lavoro in un turista curioso ed interessato ad approfondire. Il pass include l’accesso a trasporti pubblici, musei e itinerari tematici, ma soprattutto promuove la possibilità di prolungare la visita includendo anche attrazioni nella città di Monza, come il Duomo, la Villa Reale e i Musei Civici. In questo modo, l’intero sistema territoriale beneficia di una distribuzione più armonica dei flussi e delle risorse, e si valorizzano aree solitamente marginali ma ricche di contenuti culturali e identitari.
All’opposto, in scenari di sovraffollamento critico, il caso del Lago di Braies rappresenta un esempio emblematico di come si possa passare da un turismo predatorio a uno rigenerativo. Fino a qualche anno fa, il piccolo specchio d’acqua altoatesino era diventato uno dei simboli dell’overtourism in Italia: meta da cartolina diventata virale sui social, invasa da decine di migliaia di turisti giornalieri, spesso mordi-e-fuggi, che mettevano in crisi la viabilità, l’ambiente, la vita quotidiana degli abitanti. La risposta delle amministrazioni, però, non è stata quella della chiusura totale, ma di una gestione evoluta e flessibile. Si è introdotto un sistema di prenotazione obbligatoria per l’accesso in alta stagione, con navette, parcheggi regolamentati e un controllo dei flussi che tiene conto non solo del numero di visitatori, ma anche del loro comportamento e permanenza. Non solo: si è avviato un processo di rigenerazione dell’esperienza, puntando su un turismo più lento, consapevole, distribuito nel tempo e nello spazio, valorizzando percorsi escursionistici, pratiche culturali locali e proposte esperienziali legate alla natura e alla montagna. L’idea è chiara: da “posto da consumare” a “luogo da rispettare e vivere tutto l’anno”, non solo nelle due settimane di agosto.
L’esperienza di Braies dimostra che è possibile cambiare paradigma anche in destinazioni ad altissima pressione, a patto di mettere in campo un mix coerente di politiche pubbliche, tecnologie intelligenti e narrazioni più autentiche. Questo tipo di trasformazione non è riservato alle grandi città o alle località iconiche. Anzi, riguarda tutti i Comuni. L’Italia è piena di territori che hanno storie da raccontare, prodotti da valorizzare, tradizioni da condividere. Ma serve una visione politica e amministrativa all’altezza delle difficili sfide che il mercato pone. Serve, soprattutto, un salto culturale: non accontentarsi di “fare turismo”, ma chiedersi a chi serve, quando serve, quanto serve.
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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini
Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.