Con la testa all’AI, col cuore ai territori: come mantenere l’autenticità nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale

Pubblicato in Attualità, News

15 Set 25 Con la testa all’AI, col cuore ai territori: come mantenere l’autenticità nell’epoca dell’Intelligenza Artificiale

L’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui raccontiamo e promuoviamo le destinazioni: immagini generate in pochi secondi, testi prodotti al volo, traduzioni immediate. Le opportunità sono enormi, ma comportano una responsabilità altrettanto grande: preservare l’anima dei luoghi, le persone e le pratiche vive delle comunità. Per amministrazioni comunali e uffici turistici la rotta è chiara: usare l’AI come leva di efficienza senza sacrificare veridicità, identità culturale e relazioni. Chi sceglie un territorio, oggi, desidera esperienze concrete e non replicabili da un algoritmo. A questa rotta aggiungiamo una bussola decisiva: la gentilezza. Intesa non come cortesia di facciata, ma come forma pratica di autenticità – attenzione, rispetto, misura – che orienta scelte editoriali, immagini, parole e tempi di relazione.

Il punto di partenza è rimettere al centro le storie locali. Le biografie di artigiani, agricoltori, guide e ristoratori sono la memoria viva di un territorio e gli conferiscono un carattere inconfondibile. Per valorizzarle conviene organizzare un lavoro di raccolta sistematico: mappare gli attori, fare brevi pre-interviste per individuare gli snodi narrativi, definire liberatorie chiare e adottare un linguaggio visivo naturale. Non si forza la narrazione, non si spettacolarizza, si lascia spazio ai silenzi e alle sfumature. L’AI serve come assistente—per sbobinare, riassumere, proporre titoli—mentre la regia resta umana. L’effetto, oltre al racconto, è misurabile: più tempo speso sulle pagine, più richieste di visita, più passaparola.

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Raccontare le persone significa anche mostrarne i volti. Nessuna immagine sintetica regge il confronto con uno sguardo reale. Pianificare ritratti nei contesti di lavoro e di vita quotidiana, curare luce e suono senza artifici e alternare stagionalmente i protagonisti restituisce calore e credibilità. La gentilezza diventa cura del consenso: spiegare come useremo gli scatti, condividere le anteprime, rispettare il diritto a cambiare idea. In newsletter questo si traduce in cadenze editoriali riconoscibili—ad esempio “Un volto al mese”—che aiutano lettori e visitatori a familiarizzare con botteghe, aziende agricole, guide e giovani imprese. L’AI può intervenire nell’editing tecnico (tagli, sottotitoli, trascrizioni), ma il criterio di selezione resta la verità della scena e la dignità di chi la abita.

L’autenticità si consolida quando le narrazioni conducono a esperienze uniche e irripetibili. È utile progettare un calendario di micro-esperienze realmente praticabili—una vendemmia partecipata, un laboratorio di ceramica, un’escursione al tramonto, una cena comunitaria—e collegare ogni storia a un invito all’azione chiaro: prenota, chiedi informazioni, partecipa. Anche qui l’AI può supportare pagine informative, traduzioni e SEO; la qualità, però, dipende dall’aderenza dell’esperienza promessa alla realtà sul campo.

Usare l’AI come supporto, non come sostituto, è una regola d’oro. Gli strumenti generativi accelerano traduzioni, titolazioni e adattamenti per canale; gli analytics aiutano a capire quando pubblicare e cosa rilanciare. Ma il cuore della voce editoriale dev’essere connesso alla comunità: operatori locali, guide e portatori di memoria forniscono quel contesto che nessun modello statistico possiede.

La lingua è identità. Inserire parole, modi di dire e cadenze locali—spiegandone con garbo il significato—avvicina i lettori e tutela il patrimonio immateriale. Un piccolo glossario digitale integrato negli articoli rende il contenuto accessibile anche a chi non conosce il territorio. È una scelta che non esclude, ma include: chi legge impara, chi abita si riconosce. L’AI può uniformare registri e proporre traduzioni; la scelta delle espressioni e delle sfumature resta a chi conosce davvero il posto.

L’autenticità passa anche da un contatto umano diretto. Firmare le comunicazioni con nomi e ruoli, rispondere a messaggi e recensioni con note personalizzate, programmare brevi Q&A con i referenti degli uffici crea fiducia e prossimità. In newsletter, far parlare le persone—l’assessora che introduce un progetto, la bibliotecaria che invita a una visita, la guida che suggerisce un itinerario—riduce la distanza percepita. L’AI può analizzare ricorrenze nelle domande e suggerire risposte tipo; la chiusura, però, dev’essere umana.

Coinvolgere i cittadini come ambasciatori rafforza la veridicità del racconto. Una campagna di storytelling con hashtag dedicato, un invito a condividere “il proprio luogo del cuore”, iniziative nelle scuole o con le associazioni culturali attivano energie diffuse e portano in superficie angoli e pratiche spesso invisibili. La newsletter diventa vetrina di una coralità: di settimana in settimana si pubblicano scorci, testimonianze e micro-storie che alimentano appartenenza e invogliano alla visita.

La trasparenza sull’uso dell’AI è un investimento in fiducia. Dichiarare quando un’immagine è ricostruita o quando un testo è stato tradotto automaticamente non indebolisce la comunicazione: la rende onesta. Una breve nota editoriale in calce—semplice, chiara, non invasiva—spiega obiettivi e limiti degli strumenti utilizzati e rafforza la reputazione di chi comunica.

Raccontare i territori significa anche mostrare coerenza tra parole e pratiche. La sostenibilità ambientale e sociale non è uno slogan, ma una linea di condotta: eventi plastic-free, mobilità dolce, tutela dei percorsi naturalistici, accessibilità dei contenuti e degli spazi. Integrare questi elementi nella narrazione—spiegando cosa si fa, perché lo si fa e quali risultati produce—trasforma la comunicazione in un impegno misurabile. Le storie di chi adotta pratiche responsabili ispirano e rendono il territorio più desiderabile e più giusto.

Infine, l’autenticità cresce quando il racconto è condiviso. Un calendario editoriale costruito insieme a scuole, biblioteche, Pro Loco, associazioni e operatori, una piccola redazione diffusa che si riunisce periodicamente, un canale semplice per proporre idee e contributi rendono la comunicazione più ricca e meno autoreferenziale. La newsletter, in questo modello, non è solo un bollettino: è la voce di una comunità che si riconosce, si coordina e invita chi legge a farne parte.

L’AI è un alleato potente per velocizzare processi e ampliare la portata; ma il cuore del racconto turistico resta umano: relazioni, memoria, gesti. La gentilezza è l’infrastruttura che tiene insieme tutto: modera i toni, orienta le scelte, tutela le persone e dà credibilità al messaggio. Usiamo dunque l’intelligenza (anche artificiale) per servire la cura, l’ascolto e la responsabilità: così la curiosità diventa incontro, la visita relazione, l’esperienza memoria—qualcosa che nessun algoritmo potrà mai replicare.

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Per approfondire il tema consigliamo la lettura del libro “Le parole giuste per promuovere un territorio” > https://www.maggiolieditore.it/le-parole-giuste-per-promuovere-un-territorio.html

Articolo a cura di Giorgia Deiuri


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