Pubblicato in Interviste, News
16 Nov 25 INTERVISTE DAI COMUNI: Vanna Bianconi, assessore alla Cultura del Comune di San Severino Marche
San Severino Marche è una città con una significativa storia culturale e artistica. Qual è l’atmosfera, la suggestione che colpisce un viaggiatore che arriva nel vostro territorio?
San Severino Marche è una città che si può raggiungere da tutti e quattro i punti cardinali: da nord, da sud, da sud-est e da sud-ovest. In qualunque direzione si arrivi, però, lo sguardo incontra sempre la stessa immagine suggestiva: quella del Castello al Monte. È un antico borgo medievale dove si rifugiarono gli abitanti della città romana di Septempeda, in cerca di sicurezza durante i periodi di persecuzione. Salirono sul Monte Nero – questo è il nome del colle – e vi costruirono una cinta muraria, di cui oggi restano ancora tratti ben visibili. All’interno si sviluppò un vero e proprio borgo fortificato, uno dei luoghi più affascinanti del territorio. Qualunque strada si percorra – che si arrivi da Castelraimondo o da Fabriano, da Jesi o da Cingoli, da Passo di Treia o da Tolentino – l’immagine che accoglie il visitatore è sempre quella di questo monte con le due torri, l’antico Episcopio, la cattedrale, i monasteri di clausura e le scuole: un insieme che colpisce profondamente. Di giorno si presenta come un suggestivo borgo antico; di notte, invece, appare come un presepe luminoso, quasi dipinto da un artista. Ricordo che, quando frequentavo l’università di Urbino, nei fine settimana tornavo spesso a casa. Urbino non è lontana, e spesso portavo con me alcune amiche. Mi piaceva aspettare la loro reazione, soprattutto quando, arrivando da Cingoli di notte, si trovavano davanti questa visione improvvisa e restavano senza parole. Era sempre un momento magico: il borgo ben illuminato, la Madonnina che domina il panorama, e la terrazza che abbraccia tutto il paese. Un colpo d’occhio davvero indimenticabile.
L’atmosfera che accoglie il viaggiatore, quindi, è di grande suggestione. Entrando poi in città, cosa si scopre?
Un’altra particolarità: nel corso dei secoli, gli abitanti si sono spostati progressivamente dal Castello verso valle fino a raggiungere il fiume, che da sempre rappresenta il centro vitale della città. Proprio lì si è sviluppata la San Severino moderna. Il nostro territorio è abitato fin dal Paleolitico, come documentano i reperti conservati nel Museo Archeologico “Giuseppe Moretti”. Ciò che rende unica la nostra città è il fatto che ogni epoca storica si è affiancata alla precedente, senza mai cancellarla. Così, accanto ai resti della città romana di Septempeda – con le sue terme, le fornaci e le mura – possiamo ammirare una straordinaria stratificazione architettonica con edifici medievali, rinascimentali e barocchi. Tutti i secoli si sono accavallati senza sovrapporsi, lasciando tracce vive e visitabili. Alcuni tratti della cinta muraria medievale sono andati perduti, ma è possibile ricostruirne il percorso grazie alle mappe e alle porte rimaste, sia quelle del borgo fortificato che quelle sorte in pianura.
Nel centro storico si trovano inoltre i principali musei della città: la Pinacoteca Civica, il Museo Archeologico e il Museo dell’Alto Medioevo. Le vie del centro sono dedicate a grandi artisti come i fratelli Salimbeni, Lorenzo d’Alessandro e Pinturicchio, le cui opere sono esposte nelle sale della Pinacoteca.
__________________________________________________________________________
Desideri trasformare il tuo Comune
in una destinazione turistica?
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER “Mete non Comuni”.
Interviste, approfondimenti, strumenti, esempi virtuosi, opportunità.
RIMANI SEMPRE AGGIORNATO CON MAGGIOLI CULTURA > CLICCA QUI
__________________________________________________________________________
La Pinacoteca Civica, come molti edifici del centro storico, ha subìto danni dall’ultimo terremoto del 2016. Ma è in fase di lavorazione un importante progetto di ristrutturazione e riallestimento. Può darci qualche informazione o anticipazione su questo intervento?
La Pinacoteca civica è uno dei luoghi culturali più importanti della nostra città ed è ospitata a Palazzo Manuzzini. Il palazzo appartiene in parte al Comune e in parte agli eredi di padre Pietro Tacchi Venturi. I danni del sisma hanno riguardato principalmente l’appartamento privato situato al secondo piano, di proprietà degli eredi. La pinacoteca, che occupa il piano terra e il primo piano, non aveva subito problemi strutturali e, infatti, era rimasta aperta fino a circa due anni fa, dopo una breve chiusura iniziale per consentire le verifiche tecniche. La chiusura definitiva è avvenuta quando è stato avviato il progetto di ristrutturazione complessivo, portato avanti congiuntamente tra pubblico e privato. Abbiamo colto questa occasione per trasformare la situazione in un’opportunità: non solo mettere in sicurezza l’edificio, ma migliorare e riorganizzare completamente gli spazi espositivi della pinacoteca. I lavori stanno procedendo bene: il cantiere privato è molto attivo e ci ha consentito di avanzare anche sul fronte pubblico. Il progetto di riallestimento è finanziato in parte da importanti fondi della Misura B2.2 del Programma unitario di intervento – Interventi per le aree del terremoto del 2009 e 2016 del Piano nazionale complementare al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ci permettono di rinnovare completamente il percorso museale. L’intervento non riguarda solo l’aspetto estetico, ma anche la qualità ambientale degli spazi: sono stati risolti problemi legati all’umidità e realizzati accorgimenti tecnici per garantire la conservazione a lungo termine delle opere d’arte.
Un’altra importante novità riguarda il percorso espositivo, che stiamo rivedendo in un ordine armonico e cronologico. Il riallestimento è curato da un gruppo specializzato: storici dell’arte, architetti, docenti universitari, esperti di museografia e valorizzazione dei beni storici. L’obiettivo è rendere la pinacoteca più organica, moderna e accessibile, con l’introduzione di nuove tecnologie multimediali e strumenti interattivi per migliorare l’esperienza dei visitatori. Siamo molto soddisfatti di come stanno procedendo i lavori: si tratta di un passo importante, che restituirà alla città un luogo di grande valore culturale e identitario.

San Severino Marche conserva anche una collezione d’arte moderna?
La Galleria d’Arte Moderna si trova al piano nobile del Palazzo Comunale e rappresenta una delle parti più recenti e rinnovate dell’offerta culturale cittadina. È stata riaperta da alcuni mesi, insieme al piano nobile del palazzo, dopo la chiusura forzata dovuta ai lavori di ristrutturazione dell’edificio municipale. La collezione parte dalle opere di Filippo Bigioli e dei suoi contemporanei, artisti attivi tra Ottocento e Novecento, e testimonia la continuità della tradizione artistica settempedana anche in epoca moderna. In questo momento la Galleria ospita la mostra “Il Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma”, promossa dal Pio Sodalizio dei Piceni. Si tratta di un progetto di grande valore, nato dal restauro – finanziato dai promotori stessi – di 18 opere salvate dal terremoto provenienti da diverse località marchigiane. La mostra è itinerante e, dopo Roma, Ascoli Piceno e Ancona, ha fatto tappa a San Severino Marche, dove concluderà il suo percorso espositivo a gennaio.
Per noi la Galleria d’Arte Moderna ha un valore particolare, perché custodisce le opere di Filippo e Venanzio Bigioli, figure centrali nella storia artistica locale. Filippo fu un pittore di grande fama, ma anche suo padre Venanzio Bigioli era un artista di grande abilità: scultore e lapicida, autore di molti altari delle chiese settempedane e dei caratteristici mascheroni delle fontane, come quelli della Fonte del Leone e della Fonte della Misericordia, vere opere d’arte in pietra. A loro si devono anche i lavori decorativi e tecnici del Teatro Feronia, in particolare i bozzetti e le decorazioni del sipario storico, oltre ai fregi che ornano la struttura.



San Severino Marche vanta anche un’interessante collezione esposta al Museo Archeologico, allestito presso Castello al Monte. Ci sono interventi recenti di valorizzazione anche per questo spazio?
Il museo, fortunatamente, non ha subito gravi danni dal sisma del 2016 e, dopo i primi mesi di verifiche, è stato riaperto. Tuttavia, la Soprintendenza ha voluto cogliere l’occasione per attualizzare e rinnovare completamente il percorso museale con un grande lavoro di riorganizzazione dell’esposizione. Come Comune li abbiamo affiancati fornendo un supporto significativo. Un’attenzione particolare è stata dedicata all’accessibilità, non solo fisica ma anche sociale e sensoriale. Abbiamo eliminato tutte le barriere architettoniche, realizzando percorsi accessibili alle persone con disabilità motoria e visiva. Per i visitatori non vedenti, ad esempio, sono stati introdotti oggetti in 3D che possono essere toccati, oltre a pannelli in braille e un percorso tattile dedicato. L’obiettivo è stato quello di rendere il museo davvero inclusivo, aperto a tutti, anche a chi vive una disabilità fisica o sensoriale.
Questo intervento complessivo ha richiesto un lungo periodo di chiusura, ma oggi il museo può contare su spazi moderni, accessibili e didatticamente aggiornati. La collezione si articola in diverse sezioni: la sezione preistorica, con i reperti della Collezione Pascucci; la sezione picena, con materiali provenienti dalle necropoli di Pitino; la sezione romana, con cippi funerari e numerosi resti provenienti dall’antica Septempeda. Da circa un anno è stata riaperta integralmente la parte romana, compresa la sala dei cippi funerari. Inoltre, durante i lavori per la costruzione di un supermercato sono state rinvenute sette tombe di epoca romana, molto ricche di corredi. Da questa scoperta è nata la mostra temporanea “Come si moriva a Septempeda dal I al III secolo”, che espone scheletri e oggetti funerari originali, offrendo uno spaccato affascinante della vita (e della morte) nell’antica città.
Ci sono in programma eventi da mettere in agenda per i prossimi mesi?
Abbiamo da poco inaugurato la nuova stagione teatrale, a cui teniamo moltissimo, e che proseguirà fino al mese di maggio. Il cartellone è molto ricco: comprende spettacoli di prosa, concerti di musica classica in collaborazione con la Filarmonica Marchigiana, e anche una rassegna di circo contemporaneo, una formula innovativa che unisce la fisicità e la spettacolarità del circo tradizionale con musica, immagini e luci d’effetto, adatta a un pubblico di tutte le età. Sono eventi che riescono ad avvicinare al teatro anche chi normalmente non lo frequenta, offrendo un primo “biglietto da visita” al mondo dello spettacolo dal vivo.
A questa stagione teatrale si affianca la stagione cinematografica al Cineteatro San Paolo, con due proiezioni serali ogni settimana. Ogni anno scegliamo un titolo tematico che accomuna le due programmazioni: quest’anno il tema è “A proposito di crisi…”, un modo per riflettere sull’attualità anche attraverso il linguaggio del teatro, della musica e del cinema.
Durante l’estate, poi, tornerà il San Severino Blues Festival, ormai una realtà consolidata e conosciuta ben oltre i confini comunali. Un altro appuntamento importante è il Palio dei Castelli, la nostra rievocazione storica che si svolge per 15 giorni a giugno in occasione delle feste patronali, coinvolgendo centinaia di persone: figuranti, tamburini, sbandieratori. Ma il Palio non si esaurisce in quelle due settimane: durante l’anno le compagnie e gruppi storici partecipano a manifestazioni e gemellaggi in tutta Italia, portando la tradizione settempedana fuori dai confini locali.
Vengono organizzati inoltre laboratori storici e didattici al Museo Archeologico in cui si sperimenta direttamente la storia: un’esperienza educativa che rafforza le radici culturali e il senso di appartenenza dei più giovani. Il coinvolgimento è totale: partecipano tutte le scuole, le associazioni culturali e anche i nostri anziani, che sono la vera memoria storica del territorio. Io sono convinta che un’amministrazione, quando si prende cura dei malati, degli anziani e dei bambini, abbia già assolto buona parte del proprio compito, perché significa essere al servizio della cittadinanza. In particolare oggi i ragazzi sono fragili, vivono momenti di incertezza, spesso di tristezza, e hanno bisogno di essere sostenuti e accompagnati, perché da loro passa davvero il futuro della comunità.
Qual è l’aspetto di San Severino Marche a cui lei, assessore, è particolarmente legata o tiene di più?
Come molti ventenni, andai via dal mio paese per frequentare l’università, anche se tornavo a casa quasi ogni settimana. Una volta laureata, ho iniziato a insegnare fuori e dopo qualche anno ho vinto il concorso da dirigente scolastica e sono stata assegnata a Riccione, dove sono rimasta per undici anni. Ma poi è arrivato il richiamo di San Severino Marche: ho cominciato a sentire una certa nostalgia. Mi mancavano le mie radici, quel senso di appartenenza che solo il proprio paese può darti. Grazie all’opportunità da dirigente in una delle scuole di San Severino, ha deciso di tornare e ho sentito subito di essere di nuovo “a casa”. Le radici non mentono.
San Severino è un borgo piccolo, di dodicimila abitanti, ma quando serve, c’è. È una comunità viva, solidale: ritrovi le amicizie antiche, rinsaldi quelle più vere e ne costruisci di nuove. C’è movimento e attività per tutte le età: insomma, c’è spazio per tutti. Ecco, oggi posso dire con serenità che sono felice di essere tornata.
Intervista a cura di Sara Stangoni