ELOGIO DELLA BELLEZZA, VENTI CAPOLAVORI PER CELEBRARE UNO DEI MUSEI PIÙ BELLI D’ITALIA

Pubblicato in Accade in Italia

22 Giu 17 ELOGIO DELLA BELLEZZA, VENTI CAPOLAVORI PER CELEBRARE UNO DEI MUSEI PIÙ BELLI D’ITALIA

La mostra L’elogio della bellezza, porta nella città di La Spezia venti dipinti da altrettanti musei in una sorta di continuazione ideale dell’opera che consentì all’ ingegnere Amedeo Lia, appassionato collezionista d’arte, di radunare una delle più importanti collezioni private a livello europeo, nonché probabilmente la principale per i fondi oro, che costituirono forse la sua “fissazione” più costante e preziosa. Il tutto per celebrare, il ventennale dell’apertura del Museo Lia.

Per l’Elogio della bellezza si entra dallo scalone dell’ex convento dei frati di San Francesco da Paola, il luogo che il comune elesse nel 1995 a sede del Museo Amedeo Lia, e si giunge direttamente nella sala dei fondi oro passando attraverso l’antiquarium archeologico.

Si tratta di un’esposizione che afferma il ruolo del Museo Lia come grande protagonista europeo, al centro di reti di collaborazioni con altri istituti museali che hanno spesso fatto segnare il nome del Lia nell’albo dei prestatori di importanti rassegne anche di livello internazionale, oppure lo hanno visto sostenere progetti di varia natura, o ancora che hanno visto il suo direttore, Andrea Marmori, far parte di comitati scientifici di notevole spessore.

Ancora, i prestiti selezionati hanno il merito di sottolineare il gusto e le principali passioni artistiche di Amedeo Lia: spazio dunque ai fondi oro, come già detto, ma anche ai piccoli oggetti d’arte antica, ai codici medievali, alla pittura del Seicento. Manca giusto il vedutismo settecentesco, genere che abbonda nella raccolta di Lia e al quale è dedicata un’intera sala del museo.

Non una mostra usuale, quindi. E, se vogliamo, neanche una mostra facile, ma proprio questa sua caratteristica segna un punto a favore: ci induce a percorrere le sale del Lia più che mai con gli occhi del collezionista che volle raccogliere pezzi di eccezionale valore e poi farne dono alla città. Ci sprona a percorrere lentamente le sale del museo, a pensare a quali furono le scelte che dettarono l’acquisto di un dipinto, di una scultura, di un oggetto liturgico, se Lia avesse mai pensato di completare certe parti della collezione o se gli fossero sembrate bastevoli, se ci fossero autori che l’ingegnere volle fortemente per la propria raccolta e che non riuscì mai a raggiungere.

Risposte che spesso giungono dai dipinti stessi, celate tra le pieghe d’una veste, dietro la decorazione d’un fondo oro, tra gli oggetti sparsi sopra un tavolo d’una natura morta, negli sguardi di un personaggio. E altrettanto spesso arrivano dalle affinità e dai contrasti con i dipinti della collezione permanente del Museo Lia che, con l’Elogio della bellezza, raggiunge probabilmente uno degli apici della sua breve ma già intensa storia.



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