FINESTRA LEGISLATIVA: Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici

Pubblicato in Attualità, News

12 Feb 24 FINESTRA LEGISLATIVA: Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici

Come vi abbiamo anticipato in chiusura della nostra Finestra di gennaio, questo mese vi proponiamo un focus sul Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), approvato dal Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, con decreto n. 434 del 21 dicembre 2023, che attua la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti climatici (SNAC) approvata nel 2015.

Non si tratta di una norma ordinamentale ma di un documento che, come si legge, ha l’obiettivo di “fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.”.  

Un “quadro” fondamentale se consideriamo che il bacino del Mediterraneo, in cui l’Italia è ricompresa, è considerato uno degli hotspot climatici del pianeta, ovvero “un’area geografica caratterizzata da alta vulnerabilità ed esposizione ai cambiamenti climatici” secondo la definizione del Glossario Minimo dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico).

Un “quadro” corposo, centosei pagine di osservazioni, dati e tabelle, che prende in esame molteplici aspetti e settori di cui è impossibile dare conto in modo esaustivo in questo spazio, e da cui, pertanto, ci siamo limitati ad estrarre le informazioni riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico poiché ad esso è strettamente legato il comparto turistico che insieme alla cultura rappresentano i due temi più cari a questa rubrica.

Le alte temperature, le piogge intense, i venti forti hanno causato sul nostro territorio nazionale siccità, nubifragi, esondazioni, allagamenti e frane che hanno provocato non solo tragedie dovute alla perdita di vite umane ma anche gravi danni alle cose.

Un contesto dunque di fenomeni estremi e avversi in cui anche il nostro patrimonio culturale e paesaggistico ha iniziato a soffrirne l’impatto negativo e, come conseguenza diretta, il tessuto economico ad esso legato rischia altresì di patire perdite in prospettiva.

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Per questa ragione nel PNACC troviamo, nella terza sezione “Impatti dei cambiamenti Climatici in Italia e Vulnerabilità Settoriali”, il paragrafo 3.17 “Patrimonio Culturale e Paesaggio”.

In esso apprendiamo che “I beni culturali complessivi a rischio frane in Italia sono pari al 17,9% del totale”, che “Il numero più elevato di beni culturali a rischio frane si registra in Campania, Toscana, Marche, Emilia-Romagna e Lazio.” e infine che “In relazione alla pericolosità da alluvione la percentuale di beni che ricadono in aree a pericolosità elevata (HPH) raggiunge il 7,8% del totale nazionale”.

Il documento ci informa poi che è l’acqua il “fattore predominante” causando il degrado dei materiali di cui sono costituiti i nostri beni culturali o “l’erosione costiera con probabile perdita dei siti archeologici e dei complessi monumentali costieri”, per l’innalzamento del livello del mare. Lampante è il caso di Venezia dove l’innalzamento del livello medio del mare sta rendendo particolarmente complessa la conservazione del patrimonio culturale e dell’ecosistema lagunare.

E infine il quadro rileva che le “profonde alterazioni” dalla crisi climatica possono manifestarsi anche in maniera indiretta “attraverso gli impatti che avvengono sugli ecosistemi, sulle risorse naturali, sui sistemi economici”. A questo proposito nel documento sono elencati alcuni esempi tra cui citiamo la riduzione e scomparsa dei ghiacciai, le portate fluviali in secca e le alluvioni. Esempi a cui sono riferibili accadimenti assurti alla cronaca nazionale per la loro gravità: il crollo nella Marmolada il 3 Luglio 2023, la secca del fiume Po nell’estate 2022, le esondazioni nelle aree di Faenza e Ravenna immerse nell’acqua nel maggio 2023.

Il Piano non si limita però a fornire una fotografia della situazione e a lanciare allarmi, ma traccia al contempo delle linee di indirizzo e azione necessarie al contenimento e all’adattamento ai cambiamenti in atto, partendo dal presupposto che ogni crisi porta per sua natura criticità ma anche nuove opportunità generate dalla ricerca e dall’innovazione nel settore della transizione ecologica in tutte le sue declinazioni, molte anche al servizio della protezione, valorizzazione e fruizione del nostro patrimonio culturale e del paesaggio.

Per un approfondimento trovate il documento al seguente link https://www.mase.gov.it/sites/default/files/PNACC_DOCUMENTO_DI_PIANO.pdf

Articolo a cura di M. M.

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