“Internet of Things”: di cosa si tratta e la sua opportunità per le destinazioni turistiche

Pubblicato in Attualità, News

24 Ott 22 “Internet of Things”: di cosa si tratta e la sua opportunità per le destinazioni turistiche

Tra le grandi rivoluzioni della storia dell’uomo c’è sicuramente l’avvento di internet. Tra i primi passi per scopi militari negli anni Sessanta del secolo scorso ai primi anni ’90 con l’avvento del World Wide Web fino ai giorni nostri dove abbiamo (quasi) tutti una connessione a fibra ottica e (quasi) tutti uno smartphone connesso in 5G. Di questa incredibile innovazione il settore turistico ha beneficiato molto, soprattutto per le opportunità commerciali in ambito gestionale e distributivo. Le piattaforme internazionali di gestione degli alloggi, pur non possedendo nemmeno un immobile, valgono molto di più delle catene alberghiere (dati febbraio 2021 de “Il Sole 24 ore” > LEGGI L’ARTICOLO – Il valore di Borsa di Airbnb è oggi come ieri maggiore di quello della somma delle tre grandi catene alberghiere Marriott, Hilton e Hyatt) anche dopo la pandemia.

Il valore, quindi, grazie ad internet, si genera sulle informazioni e la loro accessibilità piuttosto che sulla fornitura di beni e servizi. Questo strumento consente una molteplicità di ricerche, di analisi e di confronti tra i fornitori distorcendo, a volte, la percezione della qualità dalla qualità effettivamente attesa. Sul tema della gestione della qualità tratteremo nei prossimi articoli.

Per le destinazioni turistiche, sul tema internet, possiamo definire un requisito ed una opportunità.

Il requisito è avere una connessione veloce (in fibra ottica tra i 100 ed i 300 Mbps mentre in 5G si parte da 50 fino ad oltre 1 Gbit/s) e disponibile ovunque. Questo perché sia il turista che gli operatori economici ne necessitano praticamente per ogni fase di fornitura del servizio. Un sito web che non si mostra totalmente entro 3 secondi è considerato lento e questo fa pensare al turista che il fornitore non abbia a cuore il suo sito e quindi tantomeno il suo benessere.  Una comanda al fast food deve viaggiare alla velocità della luce per renderci soddisfatti del servizio. Un video promozionale di una destinazione deve visualizzarsi immediatamente in HD altro che quadratoni (pixel) monocolori. Insomma, internet veloce è un requisito necessario a (quasi) tutte le destinazioni turistiche: per alcune indispensabile, come quelle che si approcciano ad accogliere i nomadi digitali, per altre ugualmente ma da tenere nascosto, come quelle che promuovono “retreats” di digital detox.

Dopo aver analizzato l’essenzialità della connessione rapida passiamo al vero modo in cui questa può portare vera innovazione: il suo uso nell’IoT (Internet of Things) ovvero l’Internet delle cose. Detta così la prima cosa che mi viene in mente è il sensore di incidente installato nell’auto che comunica alla compagnia di assicurazione un potenziale guasto oppure l’orologio che si accorge di una caduta dalla bici ed allerta i soccorsi (sì, mi piace molto analizzare le pubblicità, lo ammetto). In ambito turistico l’Internet delle cose sta muovendo dei passi da gigante per almeno due motivi: il primo è dovuto alla necessità di raccogliere sempre più dati in tempo reale sui passeggeri che si muovono su una tratta di treno ma anche all’interno di un mercatino di Natale o di un museo. La creazione di Big Data (e la cessione dei propri dati) durante un viaggio è vitale: abbiamo bisogno che il fornitore ci informi su ritardi e modifiche del servizio, necessitiamo di suggerimenti per ottimizzare la nostra visita, ci è indispensabile per pagare quasi tutto quello che ci serve evitando fastidiosi cambi moneta. E siccome non possiamo fare a meno di tutti questi servizi siamo ben lieti di cedere le informazioni circa le nostre scelte a chi ci offre queste informazioni o servizi. Il secondo motivo è, purtroppo per come sono strutturati molti servizi, l’alto livello di sostituibilità di molte mansioni da una persona ad un software (senza scomodare fantasiosi robot dalle fattezze umanoidi) di intelligenza artificiale che, grazie ad algoritmi sempre più complessi, riesce a capirci “abbastanza” bene ed a risponderci “abbastanza” coerentemente con quanto ci aspettiamo. Se mi abituo ad entrare in una struttura ricettiva o in un ufficio informazioni turistiche e trovare personale scontroso, poco competente e tantomeno empatico allora preferisco una macchina. Asettica, certo, ma quantomeno rapida nel fornirmi risposte (anche se non sempre l’algoritmo c’azzecca ed allora subentra la frustrazione, la stessa di quando ti rapporti con personale indisponente). L’Internet delle cose può darci soddisfazioni incredibili già ora: personalizzazione del servizio di ricettività come la gestione smart dell’illuminazione e del condizionamento della camera d’hotel, self check-in in aeroporto, alla stazione ferroviaria ed all’imbarco del traghetto, segnalazione dei parcheggi liberi addirittura anche sulla sede stradale (esempio della città di Spalato). L’Internet delle cose consente spesso un notevole risparmio energetico che, in questo periodo di costi elevati dell’energia, possono fare la differenza tra rimanere aperti o chiudere i battenti. Anche la fornitura di informazioni in tempo reale, grazie alla geolocalizzazione, è ormai un servizio comune (si pensi all’integrazione in Google Transit dei principali fornitori di trasporto pubblico a livello internazionale).

Insomma, vorrei dire che il fattore umano è insostituibile e che il turismo è un settore in cui le persone fanno la differenza. È ancora vero, rimarrà così, certamente, ma sempre meno. Purtroppo.

 

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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini

Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.

 

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