INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: MARCO PIERINI, DIRETTORE DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA

Pubblicato in Interviste, News

04 Apr 23 INTERVISTE FUORI DAL COMUNE: MARCO PIERINI, DIRETTORE DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA

Marco Pierini (Siena 1966) dall’1 ottobre 2015 è direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia e Direttore della Direzione Regionale Musei dell’Umbria.

Ha conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in Estetica all’Università degli Studi di Siena. È stato direttore, a partire dal 2002, del Centro Arte Contemporanea di Siena, prima ospitato al Palazzo delle Papesse e dal giugno 2008 al Santa Maria della Scala col nome di SMS Contemporanea. Ha diretto, dal giugno 2010 al dicembre 2014, la Galleria civica di Modena. Ha insegnato ‘Arte Contemporanea e Media’ e ‘Filosofia delle immagini’ all’Università degli Studi di Siena e dal 2010 al 2015 ‘Storia dell’Arte Contemporanea’ all’Accademia di Belle Arti di Carrara.
Ha curato più di 50 mostre in musei e spazi pubblici in numerose città italiane, in Spagna, Francia, Irlanda, Svizzera, Brasile, Russia. Ha pubblicato più di 250 contributi su argomenti d’arte, d’estetica e di musica.

Gli abbiamo chiesto la sua visione sulla Galleria Nazionale dell’Umbria  e i progetti in corso per questo importante luogo di arte e cultura in Umbria.

 

La Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia ha inaugurato la scorsa estate un importante lavoro di riallestimento. Che caratteristiche ha questo intervento? Quali obiettivi ha perseguito? 

Il riallestimento, che ha interessato tutto il percorso della Galleria, ha consentito di dare vita a un museo non solo moderno e accogliente ma anche più sicuro, sia per le opere sia per i visitatori. L’obiettivo primario è stato, infatti, quello della conservazione, con l’adozione di soluzioni quasi ‘avveniristiche’ come le basi mobili, che permettono di discostare le opere – quasi tutte dipinte su tavola – dalla parete per poterne ispezionare il retro ed effettuare facilmente manutenzioni ordinarie e straordinarie. È stata questa anche l’occasione per rivedere l’ordinamento della collezione alla luce degli studi storico-critici più recenti, promossi dal museo stesso negli ultimi anni, adottando scelte uniformi ispirate a un ordine cronologico occasionalmente focalizzato su autori, come Piero della Francesca, Benedetto Bonfigli, Perugino, Pinturicchio, o temi ai quali sono state dedicate singole sale monografiche in ragione della qualità e/o quantità delle opere e del rilievo degli autori per la storia dell’arte umbra. Parallelamente è stata ripensata anche l’immagine del museo, mettendo al centro delle scelte la fruibilità e la godibilità degli spazi, grazie all’inserimento discreto e funzionale di arredi di design e supporti tecnologici che aiutano la comprensione delle opere e rendono ‘esperienziale’ la visita; inoltre, aree di sosta e riposo pensate per assimilare nei giusti tempi tutti gli stimoli che contenitore – il medievale Palazzo dei Priori restituito alla sua originaria bellezza – e contenuto offrono al visitatore, aprono ampie prospettive visive sul contesto urbano e, in prospettiva, sul paesaggio che circonda la città in direzione est e ovest.

Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia.

 

Parliamo ora, direttore, della politica per le mostre alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Ha appena inaugurato “Il meglio maestro d’Italia. Perugino nel suo tempo”. Quale aspetto possono scoprire i visitatori di questo grande maestro del Rinascimento? 

Perugino è stato per lo più percepito – verrebbe da dire relegato – dal senso comune e da certa critica di derivazione vasariana al ruolo di più grande maestro ‘umbro’ di tutti i tempi. In vita egli fu, invece, per oltre un quarto di secolo a cavallo tra quattro e cinquecento il meglio maestro d’Italia, come lo definì il potente banchiere senese Agostino Chigi in una lettera indirizzata al padre datata 6 novembre 1500, e diede vita a uno stile del tutto nuovo che disegnò e dipinse, canonizzandolo, l’universo rinascimentale ‘nazionale’, come testimoniato dai numerosi allievi, diretti e indiretti, che adottarono la sua maniera dalla Campania al Piemonte. La mostra documenta attraverso sessantasei opere proprio questa fase, raccontando la parabola peruginesca e il contesto in cui essa giunse all’apice del successo attraverso alcuni emblematici capolavori: dalle tavolette di San Bernardino, all’Adorazione dei Magi, dalla Pietà e l’Orazione nell’orto provenienti dalla demolita chiesa dei Gesuati a Firenze al cosiddetto Trittico Galitzin, dalla ricostruzione del polittico della Certosa di Pavia alla bolognese Pala Scarani, passando per i ritratti di Francesco delle Opere e l’inedito Autoritratto di Perugino stesso – dipinto conservato agli Uffizi che, prima di questa mostra, era stato attribuito alternativamente a Raffaello o Lorenzo di Credi – fino alle belle Madonne, che tanto resero gradito e famoso il pennello di questo pittore lungo tutta la penisola e, in ultimo, i due capolavori conclusivi de lo Sposalizio della Vergine, tornato a Perugia per la prima volta dalla spoliazione napoleonica del 1797, e della Lotta tra Amore e Castità, opera eseguita per lo studiolo mantovano d’Isabella d’Este Gonzaga.

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Per la mostra di Perugino sono state attivate importanti collaborazioni con istituti nazionali e internazionali, diventati veri e propri partner. Qual è stato il loro ruolo nel progetto scientifico? 

Questa mostra non sarebbe stata possibile senza la straordinaria collaborazione di musei e istituti italiani e stranieri che l’hanno supportata, anche in deroga alle consuete politiche di prestito, in ragione dell’alto valore scientifico del progetto. Dobbiamo ricordare prima di tutto le Gallerie degli Uffizi, da cui provengono ben otto tavole – gran parte delle quali di grandi dimensioni – e tre disegni, e la National Gallery di Washington, la quale, oltre che con prestiti eccezionali, ci ha supportato anche con la redazione di testi per il catalogo e con la presentazione in anteprima del restauro di un’importante tavola di ambito peruginesco, pressoché inedita. Molti altri sono i musei che hanno collaborato al catalogo “prestando” le ricerche dei propri curatori, come la Gemäldegalerie di Berlino, i Musei Reali di Torino, il Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli. Ci sono poi le iniziative di reciprocità: al Musée des Beaux-Arts di Caen, dal quale proviene lo Sposalizio della Vergine in origine collocato nella cappella del Comune all’interno del Duomo di Perugia, e alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, sono state prestate opere provenienti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria in sostituzione di quelle concesse in prestito per la mostra.

Perugino, “Sposalizio della Vergine”.

 

In occasione dell’inaugurazione della mostra ha annunciato a sorpresa l’attribuzione a Perugino di un ritratto in prestito dalle Gallerie degli Uffizi come autoritratto, a dimostrazione di quanto le mostre possano essere importanti occasioni di studio. Ci può raccontare come ha raggiunto questa attribuzione? 

Direi che la somiglianza del soggetto con gli autoritratti conosciuti di Perugino – quello inserito nell’Adorazione eseguita per la perduta chiesa perugina di Santa Maria dei Servi del 1475, in cui l’artista poco più che ventenne si compiace di dipingersi in abiti modesti accanto ai ricchi e suntuosi personaggi che compongono la delegazione dei Magi mentre guarda lo spettatore e con consapevolezza si nomina, astutamente, attraverso i bottoni con i quali chiude il farsetto che serra il colletto della candida camicia e quello, celebre, dipinto sulla parasta della decorazione del Collegio del Cambio in cui si definisce “egregius pictor” – balza all’occhio, pur rappresentando una fase intermedia tra i due. La misurazione di dettagli come la distanza tra gli occhi, la coincidenza della fronte e dell’attaccatura dei capelli, hanno comprovato l’utilizzo del/dei medesimo/i cartone/i anche per l’esecuzione di questo ritratto che ci tramanda l’immagine del pittore nella fase della cosiddetta ‘mezza età’.

 

Direttore Marco Pierini, può dare il suo consiglio su qualcosa che non deve sfuggire a chi visita la Galleria Nazionale dell’Umbria? 

In primis, sicuramente, lo spazio architettonico nel quale la collezione nel suo complesso trova a distanza di oltre centosessant’anni la sua ragione d’essere in rapporto alla storia moderna di Perugia e dell’Umbria. Poi, ovviamente, i capolavori emblematici, dalla monumentale Croce del Maestro di San Francesco ai bronzi provenienti dalla Fontana Maggiore, dal ciclo bonfigliesco della Cappella dei Priori al polittico di Beato Angelico eseguito per la Cappella Guidalotti in San Domenico a Perugia; dallo straordinario polittico di Sant’Antonio con la sua ‘infinita’ cimasa dipinto da Piero della Francesca su commissione della nobile badessa Ilaria Baglioni, figlia del “magnifico” Braccio, alla “Annunciazione Ranieri” di Perugino, dalla pala di Santa Maria dei Fossi di Pinturicchio alla pala firmata da Pietro da Cortona con la Natività della Vergine  eseguita nel 1643 per la chiesa dei Padri filippini di Perugia, fino a giungere al tramonto lunare del perugino Gerardo Dottori e all’eccezionale catrame di Burri, opere che raccontano il Novecento storicizzato con il quale, oggi, si conclude il racconto dell’arte umbra che si dipana lungo le 39 sale della rinnovata GNU.

 

Intervista a cura di Sara Stangoni

 

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