Pubblicato in Dal mondo dei musei, News
15 Nov 25 L’Umbria rende omaggio a Mimmo Paladino: la mostra a Spoleto
L’Umbria rende omaggio a Mimmo Paladino (Paduli, BN, 1948), una delle figure dell’arte contemporanea italiana più conosciute e apprezzate a livello internazionale, e Paladino rende omaggio all’Umbria, alle sue tradizioni e ai suoi paesaggi straordinari, grazie a una serie di iniziative frutto della collaborazione tra i Musei Nazionali di Perugia-Direzione regionale Musei Nazionali Umbria, il Comune di Perugia e la Fondazione Perugia.
Alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, la Rocca Albornoz di Spoleto e Palazzo Ducale di Gubbio hanno appena inaugurato le tre mostre, aperte fino al 18 gennaio 2026, che ospitano un’ampia antologica di Mimmo Paladino, curata da Costantino D’Orazio, Direttore dei Musei Nazionali di Perugia, e Aurora Roscini Vitali, storica dell’arte dei Musei Nazionali di Perugia, insieme con l’artista stesso.
Grazie a oltre sessanta opere provenienti da collezioni italiane ed estere, alcune delle quali presentate una sola volta e mai più proposte dall’artista, va in scena un racconto storico-critico dell’intero itinerario creativo di Mimmo Paladino che, da un lato, evidenzia la complessità della sua poetica nel corso di oltre cinquant’anni di attività, dagli anni Settanta fino al giorno d’oggi, e dall’altro, restituisce con chiarezza alcuni snodi fondamentali della sua carriera.
Il progetto si è avvalso della piena collaborazione del Maestro, che ha messo a disposizione i suoi archivi e partecipato in prima persona alla costruzione del percorso espositivo, nel quale i criteri cronologici e scientifici convivono con accostamenti che intrecciano rigore e suggestione.
Per facilitare la visita nelle tre sedi, un biglietto unico (al costo di 15 euro) permette di ammirare le opere e le installazioni a un prezzo speciale. Un invito a viaggiare in tre splendide città dell’Umbria!
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IL PERCORSO ESPOSITIVO NELLE TRE SEDI
Rocca Albornoz – Museo nazionale del Ducato di Spoleto
Nell’esposizione a Spoleto domina il tema della scultura. Il Salone d’Onore ospita la commovente installazione Senza titolo (2006), dove il tema delle geometrie appare filtrato da una più forte istanza antropologica ed esistenziale. Gli elementi in alluminio sono i resti derivati dalle sculture lignee utilizzate durante le riprese del film Quijote; una volta bruciati per esigenze di copione, i frammenti sono stati poi fusi e ricollocati in questo nuovo sistema ritmico, altrettanto onirico e drammaturgico. Nel Salone Antonini, invece, i Dormienti occupano silenziosi tutto lo spazio a loro disposizione, indifferenti ai lacerti di affresco del Maestro delle Palazze e alla grande scritta che campeggia la parete, “Finisce tutto. Finisce”. La prima ideazione del gruppo scultoreo è alla Fonte delle Fate di Poggibonsi, nel 1988, i cui pezzi sono stati successivamente trasformati in bronzo e resi permanenti. Nel 1999, l’installazione conquista i sotterranei della Roundhouse di Londra, uno spazio reso fascinoso dalla sua stessa storia e dall’architettura circolare, con tunnel in mattoni rossi che si dispongono a raggiera. Come “sculture di suoni”, le note di Brian Eno accompagnano la visione delle figure in terracotta, ciascuna chiusa nel proprio sonno. Si ricrea lo stesso accoppiamento suono-immagine, in una dimensione immersiva e avvolgente


Galleria Nazionale dell’Umbria
All’interno degli spazi della GNU, una parte cospicua della mostra è dedicata ai lavori degli anni Settanta e Ottanta, con una specifica attenzione alle opere di grande formato e alla pittura materica che si serve di incursioni di elementi e materiali estranei alla tradizione pittorica, fino ad invadere lo spazio. Dopo aver ascoltato le parole di Paladino in un video fatto appositamente per la sala immersiva della Galleria, l’apertura della mostra è affidata alla riedizione di un’opera dipinta su parete: Il Brasile, si sa, è un pianeta dipinto sul muro, fatta rivivere dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Perugia.
Palazzo Ducale, Gubbio
A Gubbio trovano spazio alcuni lavori particolarmente significativi degli ultimi due decenni. Una scelta piuttosto mirata è stata quella di inserire due opere che prevedono l’utilizzo della carta come supporto: 1799 (2009), i cui fogli con teste e volti sono piegati e incastrati all’interno di una scala, di reminiscenza poverista; 33 canti (2016), che prevede comunque l’incastro dei fogli, ma a comporre una danza di apparizioni umane, tra luce e ombra. Si rimanda così indirettamente anche all’impressionante corpus grafico dell’artista.


