TURISMO TEMATICO: LE POTENZIALITÀ IN CRESCITA DEL TURISMO “EREMITICO”

Pubblicato in Attualità, News

18 Feb 23 TURISMO TEMATICO: LE POTENZIALITÀ IN CRESCITA DEL TURISMO “EREMITICO”

Da questa settimana ho iniziato una nuova docenza. Si tratta di poche ore in piccoli paesi dell’Appennino marchigiano che hanno lo scopo più di informare che formare i pochi residenti rimasti dopo il terremoto del 2016 ed il Covid-19. A questi sopravvissuti mi viene di dare il nome di resistenti: alla burocrazia che li tiene ancora nelle SAE, alle difficoltà di approvvigionamento di beni e soprattutto servizi come l’assistenza sanitaria, ai cambiamenti climatici che influiscono sull’economia che già in questi territori non è stata mai proprio florida.

Proprio per questo parlavo con loro di esperienze quali il Rifugio Re_Esistente a Marzabotto (BO), esempio di integrazione di offerta ricettiva, ristorativa e di activities all’aria aperta, quando mi interrompono dicendomi fermamente che lì, in definitiva, non c’è nulla quindi queste esperienze sono difficili da replicare. Non c’è internet veloce, le strade sono tortuose e i turisti non hanno sostanzialmente nulla da fare (così come i residenti, beninteso). Al “non c’è nulla” associo un particolare tipo di turismo, in grande crescita di numeri e valore aggiunto, che si può svolgere dove manca tutto ed anzi, per quei turisti che cercano proprio una sorta di isolamento eremitico per fuggire dai rumori, dalle mura e dai pensieri di vite quotidiane sempre più complesse. Si tratta di viaggiare “con la spina staccata”, in inglese off-the-grid. Quando ci viene voglia di riconnettersi con la natura tralasciando per un po’ il nostro avatar digitale, ottenere la consapevolezza di essere autonomi ed eco-sostenibili senza consumare risorse naturali, quando ci viene voglia di vivere come Mauro Corona ad Erto, ecco, in quel momento possiamo scegliere una meta off-the-grid. Rispetto al turismo rigenerativo di cui abbiamo parlato qui la visuale è introspettiva: io scelgo di tornare ad uno stile di vita più naturale, intimo e personale. Questi sono, guarda caso, proprio i caratteri distintivi di chi “resiste” sugli Appennini.

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Turismo “eremitico”: un cambio di prospettiva 

i parla di questo tipo di turismo già da alcuni anni ma, come è accaduto per altre tendenze, si è amplificato a dismisura dopo il periodo pandemico. Destinazioni intere hanno adottato questo stile di accoglienza come l’isola di Aotea in Nuova Zelanda, ma anche singoli operatori turistici come la fattoria biologica “Podere Vallescura” nel comune di Perugia. La stessa Lonely Planet ha pubblicato, lo scorso 26 dicembre, un elenco delle 15 mete perfette per disconnettersi dalla rete nel 2023. Tra queste troviamo Paesi difficili da reperire nel planisfero quali il Suriname in Sudamerica ed il Lesotho in Sudafrica ma anche mete che, inaspettatamente o forse no, sono vicine a noi e che ho anche avuto la fortuna di visitare. Kufstein in Austria, ad esempio, è di passaggio per andare in Baviera ma, oltre al centro città, ha un’area montana fatta di mulattiere e paesaggi mozzafiato. Oppure Hyeres, sulla Costa Azzurra francese, dove addirittura c’è l’aeroporto (della vicina Tolone), ma con un piccolo arcipelago di isole dove il silenzio e la natura incontaminata regnano sovrane.

Ecco, questi luoghi sono simili a decine di Comuni italiani dove accanto ai centri artigianali, industriali e di servizi, rimangono spazi vuoti che possono diventare mete turistiche se solo fossero organizzati a dovere. Ad un aspirante imprenditore turistico “resistente” degli Appennini potremmo quindi suggerire di prendere spunto da scelte azzeccate quali la valorizzazione di piccole frazioni montane (un celebre esempio è Rasiglia, parte del Comune di Foligno) dove si prospettano piccoli investimenti centrati sulla sostenibilità ambientale, creando attrattiva per la nicchia di mercato di coloro che vogliono staccare la spina. Si parla sempre più spesso di comunità energetiche e di riqualificazione degli edifici per la neutralità energetica degli stessi. Queste scelte incidono certamente sui residenti, ma per la capacità di accoglienza di un target medio-alto spendente, ben istruito e sensibile ai temi del rispetto dei luoghi e delle persone che visita.

Un circuito di fraterna accoglienza, ma a zero impatto ambientale, potrebbe essere la risposta al “qui non c’è nulla” che mi sento ripetere sempre più spesso. Sempre più persone fanno scelte radicali dopo un’esperienza off-the-grid ben organizzata. Taluni cambiano approccio nella propria quotidianità, altri addirittura diventano residenti di quei luoghi che li hanno ospitati temporaneamente sostenendo una inversione di tendenza circa lo spopolamento dei piccoli centri appenninici nella folle corsa verso le coste e le aree industriali. Una scelta, quella degli amministratori di queste aree, che permette di raccogliere i frutti nel breve termine di flussi turistici, certamente di nicchia, ma sostenibili e nel lungo termine di attrarre nuovi residenti per rafforzare le fila dei “resistenti”, ricostruendo comunità spesso invecchiate non solo anagraficamente ma anche economicamente e soprattutto socialmente.

 

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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini

Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.

 

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