Turismo tematico: le risorse e potenzialità del “turismo delle radici”

Pubblicato in Attualità, News

22 Gen 23 Turismo tematico: le risorse e potenzialità del “turismo delle radici”

Parlo spesso di turismo tematico, alle riunioni, durante i convegni, con gli amici davanti ad una birra. Nei primi articoli di questo 2023, per Mete non Comuni, vorrei condividere proprio questo approccio che ritengo sia il più funzionale per creare realmente flussi turistici ovunque, in particolare nei piccoli Comuni lontani dal turismo balneare e culturale “mainstream”.  Per turismo tematico intendo quegli itinerari/percorsi/attrazioni che si rendono riconoscibili particolarmente ad un determinato target di turisti che proprio per affinità con esso vengono attratti verso le destinazioni turistiche che li ospitano. Ogni lettore può cercare nel suo trascorso luoghi che ha visitato per seguire una propria passione sportiva, culturale, hobbistica ecc… Scegliamo destinazioni che offrono quel qualcosa che ci appaga emotivamente, spiritualmente o anche solo fisicamente. Ed è per questo che si fatica per percorrere uno dei numerosi cammini che si intersecano in Italia ed in Europa, ma anche si cercano emozioni in parchi divertimento fino a sobbarcarsi decine di ore di volo per ritemprarsi al sole quando nel nostro emisfero è pieno inverno. Sul turismo tematico si sono create intere generazioni di destinazioni turistiche: il divertimentificio della Riviera Romagnola per alcuni si trasforma in località balneari per famiglie mentre, per altri ancora, la patria di una delle produzioni enogastronomiche più interessante (ricordo su tutti l’Orto dei frutti dimenticati, imperdibile).

Da questo e per i prossimi articoli andrò a confrontarmi con alcuni dei trend di turismo tematico più innovativi e di tendenza che possano consentire, a chi è chiamato a pianificare i flussi turistici territoriali, una visione più ampia rispetto agli attrattori classici associati al nostro Paese.

Vorrei iniziare oggi col cosiddetto “turismo delle radici” molto caro al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, per il quale si stanno svolgendo in questi mesi le selezioni per una figura professionale per ogni Regione che fornisca supporto tecnico alle pubbliche amministrazioni ed agli operatori turistici per creare un prodotto di accoglienza dedicato a questo target, utilizzando poi le competenze degli uffici territoriali del Ministero stesso per diffondere questi prodotti. Nel periodo pre-Covid il Ministero stimava circa 10 milioni di turisti all’anno che venivano in Italia per riscoprire le proprie origini, conoscere persone significative associate ai propri avi, assaggiare i sapori che gli stessi, spesso, producevano con fatica e sudore mentre erano in patria e poi hanno ricercato, riprodotto e trasmesso nei luoghi dove si sono trovati a vivere.

Al turista delle radici, seconda o terza generazione di italiani emigrati ovunque, dal Sudamerica all’Australia agli USA, bisogna offrire un’accoglienza dedicata che parli di storie. Quelle medesime storie che hanno sentito dai loro nonni e bisnonni e che sono il patrimonio comune loro ma anche di tutti noi e per questo vanno raccolte e preservate perché non vadano dimenticate. Alcuni territori si sono specificatamente votati a questo tema, creando Musei dell’emigrazione che, al contrario di quelli tradizionali, vivono continuando a catalogare materiale e raccontando alle giovani generazioni storie di chi ha avuto successo ma anche di chi non ce l’ha fatta. Il mio primo approccio con questa tematica fu a Genova, all’ultimo piano del Galata Museo del Mare. All’ingresso mi consegnano un fac-simile di un passaporto, al termine del percorso mi trovo davanti all’ufficiale dell’Immigrazione USA di Ellis Island – NYC. Mi fa alcune domande cui rispondo tramite uno schermo touch. Mi respingono. L’emozione di quel momento rivive in me ogni tanto, senza preavviso, tenendomi legato a quel luogo (ora alla Commenda di Prè) dove torno spesso con amici, parenti e gruppi di turisti. Quell’ufficiale dell’immigrazione era una specie di “sliding doors” che ha cambiato la vita di milioni di persone, tra i quali gli avi della decina di milioni di turisti delle radici che visitano annualmente l’Italia. Questi speciali turisti spesso cercano sui social network parenti lontani a volte perdendosi negli alberi genealogici pur di risalire a quel trisavolo che decise di tentare la fortuna all’estero. È parte di ognuno di noi ricercare queste origini per capire chi siamo e questa rappresenta una motivazione potentissima al viaggio che i territori devono saper interpretare, fornendo supporti dedicati alla ricerca (ad esempio nei registri comunali o ecclesiastici) ed una accoglienza dedicata con personale parlante almeno inglese e spagnolo che sia ben consapevole della ricerca che questi speciali turisti stanno svolgendo usando tatto, sensibilità e comprensione per i tanti (visti coi miei occhi al museo dell’emigrazione marchigiana a Recanati) che si emozionano fino alle lacrime ascoltando le storie e guardando foto seppiate dei territori, prevalentemente rurali, che li hanno generati andando indietro fino ad oltre 100/120 anni.

Accogliere chi è in cerca di risposte può sembrare lontano dalla sensibilità degli operatori degli uffici informazioni turistiche tradizionali, ma proprio per questo le comunità residenti devono organizzarsi per creare durante tutto l’anno momenti di confronto, di conoscenza e scambio, soprattutto valorizzando gli anziani, per rendere fruibili questi contenuti e trasformarli in attrazione turistica.

 

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MARKETING TERRITORIALE
Rubrica a cura di Marco Cocciarini

Laureato in Economia del Turismo, è consulente di sviluppo innovativo strategico e tecnologico per il destination management turistico in particolare su progetti di cooperazione internazionale e locale. È stato business developer di alcune delle più celebri startup italiane in ambito turistico ed è attualmente responsabile territoriale della loro associazione nazionale.

 

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